martedì 17 gennaio 2012

Intervista a Fabrizio Frosio Presidente del P.D.A. (Partito delle Aziende)


Stamane  ho avuto il piacere di realizzare un’intervista telefonica con Fabrizio Frosio Presidente del  P.D.A. (Partito delle Aziende) piccole e medie imprese. Sono stati affrontati diversi temi anche in occasione della prossima manifestazione che si terrà a Roma a Piazza Monte Citorio il 19 gennaio prossimo dalle ore 08:00. Vi consiglio vivamente di leggerla perché offre dei notevoli spunti di riflessione. Grazie anticipatamente a tutti voi.

Come nasce il partito?
“Il partito delle aziende nasce dall’idea di due imprenditori, un bresciano ed un veronese, che capiscono l’esigenza di una rappresentanza diretta della piccola azienda, quella fatta da persone e non da multinazionali all’interno del Parlamento, perciò creano un progetto politico e non un’associazione di categoria che ha come unico obiettivo la presentazione di una propria lista alle prossime elezioni nazionali del 2013.” 

Come definisce lo stato attuale delle imprese medio-piccole?
“Uno stato disastroso. La percentuale dei fallimenti è cresciuta del 68% proprio nella PMI (Piccola Media Impresa).Tutte le direttive provenienti dall’Europa, dove esiste una grande rappresentanza di grossi gruppi e multinazionali, hanno inciso negativamente gravando sulle piccole e medie imprese, nonché su famiglie e lavoratori. La grande pressione fiscale, i continui adempimenti, anche legislativi, che gravano sulle imprese medio-piccole, che non hanno delle adeguate strutture per supportarli, hanno notevolmente influito sulle condizioni attuali delle stesse. La crisi ha completato l’opera. Il risultato è questo.”

In tema di evasione fiscale il blitz di Cortina ha lasciato o no degli strascichi?
“Certo. L’operazione compiuta, oltre ad essere stata di tipo mediatico è stata compiuta contro delle strutture e delle persone che non possono essere definite imprenditori, poiché l’imprenditore vive del proprio lavoro, cioè fa per creare; questi non hanno creato niente se non un giro di fatture false o grandi bufale finanziarie atte a tirar su dei guadagni a scopo proprio; noi invece puntiamo ad un’azienda che curi anche la parte sociale, cioè creare lavoro e posti di lavoro che possano far star bene non solo le aziende ma anche i propri dipendenti. In tal senso abbiamo tra i nostri programmi quello di incentivare le imprese nel dividere parte degli utili con i dipendenti in modo da creare un legame indissolubile che già esiste nella piccola azienda.”

Come vedete l’applicazione del cosiddetto “contratto di solidarietà”?
“Va migliorato perché ci sono delle strategie migliori da mettere in campo. Noi abbiamo proposto addirittura una sorta di SPA senza azioni fatta dalla piccola impresa. Cioè imprenditore e dipendenti che siano padroni della stessa azienda con quote diverse che possano creare anche un indotto ripartendosi sia il bene e il male dell’azienda. Potrebbe essere la soluzione a tutti i problemi italiani. In tal senso sono stati effettuati dei test molto positivi che hanno visto addirittura ex dipendenti diventare imprenditori. Il caso Luxottica, per esempio, ha fatto scalpore per via di  una serie di accordi creati tra imprenditore e dipendenti. Questo nella piccola azienda avviene ogni giorno, ma non suscita grandi clamori evidentemente. Vede l’azienda, in realtà, è una piccola famiglia dove ambedue le figure (imprenditore e dipendenti) hanno gli stessi problemi e le stesse necessità.”

Cosa le piccole e medie imprese ritengono oggi inaccettabile in merito ai provvedimenti attuati dal governo?
“Troviamo ingiusto che a dover pagare siano nuovamente famiglie e aziende piccole e non sia mai la grande industria e le banche né il governo. Perché questo governo ha saputo fare una grande razzìa mettendo tante tasse, ma non è stato capace di fare i tagli che doveva fare. Era necessario fare quello. Il problema dell’Italia non è la crisi o la mancanza di lavoro, quello è un fattore straordinario.  Il problema del nostro paese è che stiamo subendo da anni l’incancrimento di un sistema talmente pesante che non più essere più retto. Allora una miriade di enti inutili andrebbero tagliati, così come avvenuto, ad esempio, in Germania in soli tre giorni e non in tre mesi.”

Sul tema liberalizzazioni voi ritenete favorevole questo tipo di apertura da parte del governo?
“Le liberalizzazioni sono un bene che bisogna sfruttare che più mercato c’è più c’è concorrenza e più servizi si danno alle persone a costi giusti e proporzionati. Certo i beni primari, come l’acqua e la sanità non vanno di certo privatizzati. Consideri che siamo l’unico Stato che ogni qualvolta si parla di liberalizzare, dai più viene inteso come un attacco nei confronti del gruppetto o lobby. Bisogna superare questi ostacoli se vogliamo diventare un paese aperto alla globalizzazione.”

Ritenete sia prioritario agire dapprima sul tema della defiscalizzazione delle imprese oppure su una riforma strutturale in tema di lavoro?
“Sono ambedue legate da un filo conduttore che fatta una e non fatta l’altra non danno la soluzione ai problemi. Perciò è da attuare nello stesso momento sia la defiscalizzazione sia il cambiamento del mercato del lavoro che non può rimanere ancorato a principi nati degli anni 70. La società si è evoluta il mercato si è evoluto è tutto totalmente diverso, globalizzato. Non possiamo ancora avere il famoso art. 18 il quale sostiene che le imprese sopra i 15 dipendenti diventano industrie e cambia tutto. Logico che un imprenditore ha più convenienza ad aprire cinque società piccole che una grande. Basterebbe mantenere in vita il principio dell’art. 8 che riguarda la tutela del dipendente su cui nessuno può sindacare. Allora se vogliamo modificare qualcosa cambiamo i parametri. Portiamo i dipendenti da 15 a 50 persone in modo tale che l’azienda abbia una struttura più solida e più aperta così da essere in grado di affrontare anche un mercato internazionale, cosa che un’azienda piccola di 8 dipendenti non può fare se non associata in rete.”     

Sarebbe possibile una sorta di cooperazione tra le imprese pubbliche e private?
“Sarebbe ottimale la cosa ma bisognerebbe cambiare il Sistema Italia che risulta essere talmente corrotto e talmente inquinato da infiltrazioni mafiose e quant’altro da impedire qualsiasi operazione in tal senso.”

E’ condivisibile la politica di Marchionne? 
“Chiaramente essendo un Manager può agire come vuole, senza farsi scrupoli poiché non gestisce soldi propri può agire in piena autonomia. Egli, in definitiva fa il proprio lavoro. La colpa non è di Marchionne ma della proprietà FIAT. Fermo restando che sono contrario a finanziare un’azienda che definire italiana risulta essere un paradosso e che, soprattutto ha ricevuto tantissimo in questi anni.”

Per quanto concerne lo snellimento della burocrazia legata alle imprese è stato fatto qualche passo avanti?
“Hanno avuto la bella trovata di creare uno statuto delle imprese che, in realtà, non serve a niente. In sostanza tutto fermo.”

In tema di investimenti destinati alle imprese, come risulta essere il quadro attuale?
“Nel momento attuale incide al 100%. La maggior parte delle aziende chiudono proprio perché non possiedono più i parametri sufficienti ad ottenere del credito. Perciò se facciamo riferimento a banche che hanno incassato la bellezza di 500 miliardi di euro dalla Comunità Europea per risanare i propri conti invece di metterli a disposizione delle aziende che hanno bisogno parliamo di un gravissimo danno a livello globale.

La manifestazione di giovedì 19 gennaio a Piazza Monte Citorio in Roma perché nasce? Cosa si prefigge e cosa chiedete principalmente al governo?
“La manifestazione nasce per fare un’azione di protesta verso le istituzioni: bancarie, l’Agenzia delle Entrate, Equitalia, e anche il Governo Monti che rappresenta proprio queste istituzioni. Contro la spregiudicatezza e la non tolleranza di fatti che sono abissali. Ci sono stati la bellezza di 1500 suicidi negli ultimi 5 anni di cui la maggior parte dipendenti ed imprenditori. Andiamo a fare una manifestazione di solidarietà per le famiglie di questi imprenditori e dipendenti e di protesta contro chi non ha saputo dare una risposta almeno morale verso un problema che è sociale. Non è più un problema di benessere né economico, ma un problema prettamente sociale. Manca la politica che dia delle risposte.”

Possedete una sorta di “ricetta” che possa guarire il Paese da questo diffuso malessere?
“Noi abbiamo tre valide proposte:
01)   stop alle esecuzioni di Equitalia almeno per 1 anno;
02)   entrata subito nei tavoli di trattativa del governo da parte di strutture come la nostra che rappresentino la piccola-media impresa;
03)   introduzione di agevolazioni per l’accesso al credito rivolte alle piccole e medie imprese.
Le imprese medio piccole costituiscono l’85% sul totale delle imprese italiane esistenti.
A livello politico manca una rappresentanza di tutte queste imprese, ed il nostro obiettivo è proprio quello di dar voce alle stesse nei tavoli delle trattative.”

Quali sono le risposte che vi aspettate a seguito della manifestazione?
“Non ci aspettiamo molto. Ma è proprio questa ragione che ci spinge a lottare ulteriormente e a non mollare. Abbiamo un chiaro obiettivo. Non stiamo avendo risposte dal governo. Però stiamo ricevendo risposte da imprenditori e gente comune che comprende che rappresentiamo una novità nel panorama italiano. Un’idea sana che non nasce da un’ideologia ma da una necessità reale, quella della sopravvivenza. Siamo un corpo politico che vuole essere partecipe alle decisioni prese nella stanza dei bottoni.”

Con questa manifestazione intendete smuovere anche la coscienza del popolo e non solo degli imprenditori?
“Certamente. Questo non è ripeto un problema economico, bensì sociale. Il problema non è rivolto all’azienda ma alla famiglia italiana nel suo complesso.”

Vi aspettate quindi una buona adesione?
“Ne siamo certi. Anche se non sono i numeri che contano ma la qualità del  prodotto.”

Infine un appello alle persone. Perché dovrebbero partecipare alla vostra manifestazione?
“Perché è ora di finirla. Occorre partecipare per tutelare i propri diritti e per farlo bisogna portare la propria presenza in piazza. L’equazione azienda = famiglia in Italia è una realtà. Essa non è dissolubile.”


LA METAMORFOSI DEL LAVORO


Oggi più che mai il lavoro ha subito una forte trasformazione dovuta ad alcuni fattori predominanti. Il primo fattore  riguarda l’andamento economico sicuramente sfavorevole, il secondo, per effetto del primo basa il lavoro esclusivamente sulle proprie qualità personali, e quindi, sulle risorse umane. Il denaro non subisce alcun incremento e rimane stazionario, per cui si tratta di distribuire meglio lo stesso. Per far ciò, coloro che operano con determinazione e volontà, talora in modo scorretto, sottraggono quella fetta di denaro che proveniva da utenti, aziende e consumatori e che era destinato ad imprese medio-grandi operanti in svariati settori: dalla produzione di beni, alla distribuzione di servizi. Attività che si pongono tale obiettivo fanno spesso riferimento a: call center, agenti di commercio, rappresentanti ed altre figure affini. Oggi più che mai chi possiede il dono della comunicazione, della gestualità con maggior facilità trova inserimento in tali attività che sono quindi prettamente meritocratiche, anche se, spesso mal pagate. Per effetto di dette considerazioni Il lavoro a tempo indeterminato non esiste più. Il lavoro sicuro e sulle scrivanie è roba riservata a coloro che hanno avuto la fortuna di accaparrarselo. Da una parte questo può essere positivo, poiché tende a valorizzare coloro che hanno voglia di mettersi in gioco, dall’altra richiede da parte di coloro che sono in cerca di un lavoro una forte determinazione ed una volontà senza eguali. Nessuno regala niente a nessuno e la flessibilità, spesso coincide con una lotta clandestina ed una guerra tra poveri. Questo ambito viene riservato ad aziende, lavoratori ed utenti finali. Dove entra in gioco lo Stato? Il governo italiano, in rappresentanza del popolo italico, a mio avviso, dovrebbe avere il compito di far si che il denaro in circolo venga incrementato attraverso delle politiche legate al contrasto sull’evasione fiscale, ma soprattutto, attraverso la costituzione di imprese pubbliche, anche a partecipazione privata, atte ad assorbire manovalanza. Lo spirito con il quale il governo dovrebbe agire è quello di un esecutivo che guardi alla concorrenza globale. E cioè l’Italia dovrebbe entrare in concorrenza con gli altri paesi europei ed extraeuropei. Non basta più guardare nel proprio orticello. D’accordo bisogna dapprima soddisfare il mercato interno, ma se l’esecutivo vuole creare nuovi posti di lavoro deve mettersi in gioco rivolgendo la propria attenzione al mercato globale. Occorrono nuovi investimenti ed investitori che, attratti da una corretta politica del credito e da tutele giudiziali siano pronti a scommettere sull’Italia. La nostra nazione è piena di imprenditori cinesi, perché non sfruttarne le potenzialità girandole a nostro favore, proponendo loro dei piani appetibili ad esempio? Il mercato italiano è gessato per via di “malanni” storici. Caste, corporazioni, lobby, associazioni, andrebbero abolite lasciando spazio alla meritocrazia e alle persone capaci. 


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