venerdì 31 maggio 2013

IL CASO ILVA DI TARANTO


La più grande industria siderurgia europea si trova davanti all’interrogativo più difficile della storia: lavorare o tutelare la salute di migliaia e migliaia di persone? Una contraddizione che troverà difficilmente una risposta attuabile in termini pratici. Esistono due correnti di pensiero. La prima spinge per salvaguardare il presente ed il futuro di circa 40 mila addetti, l’altra per impedire che altre persone vengano afflitte da tumori. Probabilmente ambedue le correnti hanno ragione nel sostenere la rispettiva causa. Il problema, però sta a monte. Se chi di dovere avesse provveduto a tutelare la zona circostante, e quindi, avesse preservato l’ambiente (ivi inclusi gli abitanti) per tempo tutto questo non sarebbe accaduto. La mia non è affatto un’accusa, bensì una constatazione su come siano andati i fatti. Le interpretazioni si prestano al gioco di pochi. I fatti sono davanti agli occhi di tutti e quindi, in questo caso, purtroppo, la cronaca prende piede. Neoplasie che si moltiplicano giorno dopo giorno; falde acquifere contaminate, terreni che subiscono alterazioni e quant’altro. Allora come venirne fuori? Il governo sa bene che non può gettare sul lastrico migliaia di lavoratori e rispettive famiglie. C’è chi dibatte sulla chiusura immediata dell’industria tarantina, chi invece sostiene il suo parziale utilizzo, chi invece la vorrebbe a pieno regime. A mio avviso, ma è una personalissima opinione, occorrerebbe bonificare dapprima l’area interessata per poi predisporre una serie di misure atte a ridurre al minimo l’inquinamento portandolo a livelli di guardia accettabili. Se l’attività industriale, ridotta a regime minimo, rispettasse determinati parametri “salva ambiente” credo si potrebbe continuare a rispettare le commesse; in caso contrario la si dovrebbe tenere in stand bye. Anche perché i primi a chiedere un minimo di salvaguardia sono proprio i lavoratori che hanno tutto l’interesse affinché i propri figli possano crescere in un luogo sano, non malsano e pericoloso per la propria salute. Nel contempo hanno, però la necessità di portare fieno in cascina, e quindi, denaro senza il quale nessuno potrebbe sopravvivere.  La questione è quindi, senza dubbio, estremamente intricata. L’augurio mio e credo, di tutti gli italiani, è quello di raggiungere entrambi gli obiettivi (lavoro e salute) per i quali spingono ambientalisti, medici e lavoratori stessi, affinché la città di Taranto possa tornare a crescere nel migliore dei modi, quale moderna città industriale che guarda anche agli interessi sanitari di tutti i cittadini. 

giovedì 30 maggio 2013

INIZIATIVE PER IL LAVORO


Giorni fa mi sono soffermato su una proposta locale per l’attivazione di nuovi posti di lavoro in ambiti non interessati dai dipendenti pubblici. Essa riguardava svariati campi: ristrutturazione di palazzi in stato di abbandono e relativa riqualificazione, servizio civile, pulizia di aree abbandonate, sfoltimento di erbacce, rimozione di murales, personale addetto all’incremento turistico, eccetera. Tutte iniziative che potrebbero occupare tanti ragazzi al fine di recuperare buona parte della città. Sono sempre dell’avviso che la mancanza di lavoro sia rivolta principalmente nell’ambito privato e non per esigenze pubbliche. Collocare una miriade di persone in questa tipologia di settori consentirebbe di creare il cosiddetto “indotto”, e quindi, il coinvolgimento anche dei privati. Per quel che riguarda i finanziamenti si ricorrerebbe ad un piccolo contributo, con promessa però di restituzione tramite decurtazione dalle tasse, da parte dei cittadini. Un euro mensile a singola persona consentirebbe di cumulare centinaia di migliaia di euro da intercalare in un fondo costituito, per esempio, dalla Cassa Depositi e Prestiti. Inoltre, si potrebbero coinvolgere capitali privati con la promessa di dividendi commisurati agli utili conseguiti, senza però consentire a questi ultimi di poter decidere su eventuali tagli del personale. Lo Stato centrale provvederebbe, invece, all’affidamento temporaneo di buona parte del patrimonio andato in disuso e al pagamento dei  contributi previdenziali. Si potrebbero, ad esempio, recuperare edifici, palestre, strutture lasciate incomplete ed in totale stato di abbandono, per poi metterle in vendita o darle in gestione a dei privati ad un prezzo di mercato. Gli introiti derivanti servirebbero per finanziare il lavoro e per rimpinguare le casse vuote dei comuni. La selezione degli addetti a questi lavori avverrebbe secondo precisi criteri, quali: carico familiare, periodo di disoccupazione, età. Gli esodati, richiederebbero invece un trattamento a parte. Potrebbero, per esempio, secondo le proprie competenze impegnarsi nell’organizzare corsi di formazione per i giovani apprendisti. Penso, ad esempio, all’edilizia. Il criterio, per il loro impiego, potrebbe essere quello derivante dal periodo mancante per il raggiungimento della pensione. Un criterio che sia, quindi, inversamente proporzionale al periodo da sanare. Gli obiettivi finali raggiunti sarebbero essenzialmente tre: impiego di giovani e meno giovani, una maggiore vivibilità della città ed, infine, il recupero del Patrimonio Immobiliare. Avremmo così delle città che sarebbero molto più appetibili dagli stranieri, con conseguente introduzione di nuovi capitali. Per fare tutto ciò è chiaro come sia necessario riorganizzare l’intero apparato pubblico, dandogli precise competenze, che non sconfinino con i compiti dei neo assunti e viceversa. Ma soprattutto, occorre tanta buona volontà da parte delle istituzioni e dei governi locali.

mercoledì 29 maggio 2013

LAVORARE PER VIVERE


L’aspetto esistenziale di un disoccupato riflette tutte le sue ansie, le paure cumulate nel tempo dell’attesa, spesso infinita e scoraggiante. Tutto questo consente il “dissesto” morale della persona, la quale (esasperata) non riesce più ad attingere dalle poche energie mentali rimaste. E allora tutto si tramuta in inferno, depressione. Un macigno staziona in loro, come un groppo alla gola che non svanisce. Cominciano a mettersi in discussione i pilastri stessi della vita. Se a quanto detto aggiungiamo la mancanza di una prospettiva la frittata è fatta. Un futuro senza certezze, e soprattutto, senza pensione. Quanti precari versano i contributi previdenziali per poi trovarsi con un pugno di mosche in mano? Quante persone finanziano le pensioni a coloro i quali hanno un lavoro a tempo indeterminato? Provate per un attimo a rispondere a queste domande. E allora appare ovvio come molti di noi dovranno lavorare fino all’ultimo giorno di vita. “Lavorare per vivere” e non “vivere per lavorare”: questo il mio motto. Ed invece ci troveremo a dovere vivere per lavorare! E’ questa la realtà. Senza sapere fino a quando, senza avere alcuna garanzia, senza nessuna prospettiva per molti giovani di poter realizzare il sogno di una vita: la famiglia. L’assegno sociale, mesi or sono, stava per essere messo in discussione sia alla Camera quanto al Senato, ma per quanto tempo lo Stato lo renderà ancora disponibile? Temo ancora per qualche decennio, forse per qualche anno. Come vedete gli interrogativi sono tanti, e le poche risposte possibili sono esclusivamente contenute nel futuro. Proporrei di restituire i contributi previdenziali insufficienti al raggiungimento di un minimo di pensione, cumulati nel tempo, versati durante prestazioni occasionali o a tempo determinato, ai legittimi possessori, in modo da poterli aiutare nel proprio sostentamento. Tanti sono i casi in cui gli esodati, per esempio, si ritrovano con 15, 20, 25 anni di contributi versati senza poter accedere alla pensione minima. Qualcuno di loro provvede all’integrazione con versamenti volontari, il più delle volte costosi e dispendiosi. Costoro, per assurdo devono ritenersi fortunati, in quanto un minimo di reddito da lavoro dipendente lo hanno raggranellato. Sta di fatto che: disoccupati, inoccupati, esodati, inabili al lavoro, vengono accomunati dal medesimo destino, quello di avere enormi difficoltà, non solo sul piano della prospettiva, sul piano occupazionale, ma sul piano familiare e sociale. Ci sono intere famiglie sul lastrico. I poveri aumentano, le risorse calano, e contemporaneamente la rabbia cresce, così come gli omicidi ed i reati, per non parlare dei suicidi. La depressione è un rischio fondato. Essa non va sottovalutata ma affrontata seriamente dalle istituzioni.


martedì 28 maggio 2013

CONSIDERAZIONI SUL VOTO


Ha vinto l’astensionismo. Astensionismo batte partiti e movimenti 2-0. Quando si dice di aver perso una grande occasione è vero. Poteva rafforzarsi la protesta apponendo una semplice “X” nella scheda, ed invece non lo si è fatto. Quando si discute un sistema ci si guarda intorno dando spazio alla fantasia, alla possibile soluzione, alle cartucce da sparare; ci si domanda quali siano gli strumenti utili per debellare un sistema. Non rimane altra scelta, il voto. Ed invece si rimane a casa in pantofole, aspettando che qualcun altro risolvi le cose. L’italiano ha perso una grande occasione, quella di dimostrare al Paese che egli esiste, di non essere un “fantasma” chiamato in azione dai partiti quando a loro fa comodo! Non è andando al voto che si può dare una svolta. Oggi, più che mai, invece la partecipazione popolare riveste un ruolo determinante. I partiti sono lo specchio degli italiani e viceversa. Nessun stupore, nessun stropicciamento degli occhi nell’appurare l’esito delle ultime elezioni. Certo il crollo del Movimento 5 Stelle ha del clamoroso! La mancanza di figure carismatiche, di cui gli italiani si nutrono indissolubilmente, non ha dato lo giusto stimolo a chi non è andato a votare. E’ chiaro: Berlusconi e Grillo sono persone carismatiche, dei veri e propri leader. Ecco, tanti Grillo in miniatura, avrebbero (senza ombra di dubbio) contribuito alla causa catturando tantissimi voti. Di questo ne sono più che mai certo. Non può un Movimento che si erge sulle qualità di lotta di Grillo, sulla sua grande capacità di comunicazione, sulla sua verve, avere dei rappresentanti locali che sono tutto l’opposto. Per carità bravissime persone, per bene e preparate, ma in questo momento storico occorre di più, molto di più. Oggi, serve il trascinatore sveglio e reattivo, colui che può dare la “scossa” agli abitanti del proprio territorio. Una persona remissiva, ben si presta agli attacchi degli avversari politici (i cosiddetti volponi della politica). Non è stato un errore mediatico, bensì un errore di scelte. Anche questo fa parte della famosa “coerenza”; e cioè quella capacità di interpretare uno spirito che va aldilà delle singole problematiche. Questo non avviene soltanto in ambito politico, ma nella vita di tutti i giorni. Quando ci troviamo davanti a persone di un certo appeal ne rimaniamo affascinati, incuriositi. E a guardare i risultati, a vedere i canditati del M5S, in molti casi questo non si può dirlo. Oltre il Movimento di Grillo, comunque, anche la Lega Nord ed il PDL hanno perso pezzi per strada. Il PD non ha vinto, ma neanche perso. Adesso starà ai perdenti valutare, decidere le proprie strategie per riuscire a riconquistare qui voti che in precedenza avevano conquistati. Forse un bagno di umiltà non guasterebbe, ma neppure una migliore organizzazione periferica ed interna.

lunedì 27 maggio 2013

MESSINA E GLI ANNOSI PROBLEMI


La disoccupazione nella Città dello Stretto si attesta intorno al 19% (dati recenti Cgil). La crisi riguarda tutti i settori, soprattutto nel terziario, che registra nell’edilizia un vero e proprio crollo. A giorni (9 e 10 giugno) si terranno le elezioni Amministrative che vedranno l’insediamento del nuovo Sindaco. Tante le disfunzioni da affrontare; soprattutto le numerose vertenze aperte da tanti anni a Messina e che chiedono con forza di essere risolte. Sul piano programmatico alla ribalta nella campagna elettorale, però, non si registra nulla di nuovo, di innovativo, che possa incontrare il favore dei lavoratori posti in cassa integrazione, dei tanti disoccupati e dei cittadini in genere. Allora occorre trovare una soluzione che veda la risoluzione di priorità fondamentali che non riguardano soltanto l’argomento lavoro, ma i problemi di tipo strutturale. Si parte dal Piano Regolatore, che necessita di una tutela ed una attenzione maggiori. L’oculatezza nella distribuzione dei territori (oramai in sofferenza) rientra tra le priorità e i nodi da risolvere per rendere la città quantomeno vivibile. Si costruisce spesso senza prestare attenzione alle problematiche ambientali, sui torrenti, o comunque, in luoghi che poco si prestano alla realizzazione di opere legate all’edilizia. Il verde pubblico totalmente bistrattato. Per non parlare della pulizia di strade, piazze e luoghi particolarmente strategici ai fini del turismo. E proprio il tema della nettezza urbana cittadina torna in cima alle vicende papabili di Messina. Un nodo irrisolto che, in prospettiva meteo potrebbe strozzare i cittadini tra rifiuti, ratti e sgradevolissime esalazioni. Dal punto di vista igienico tutto ciò potrebbe rappresentare un annoso problema alzando il livello di attenzione sanitaria. I cittadini (che non sono esenti da responsabilità), guardano con favore alla risoluzione di una questione che spesso si ripresenta in modo sempre più drammatico. Questo, così come i problemi sopra menzionati richiedono un radicale “trattamento” e non possono più essere demandati al successore. Credo sia nella speranza di tutti voltare pagina, affinché questa città che nel XII secolo era tra le dieci città d’Europa per popolazione (e che adesso si spopola di mille unità l’anno), torni a splendere in tutti i sensi; non solo nell’ambito sportivo grazie alla recentissima vittoria del Giro d’Italia di Vincenzo Nibali, ma in tutti i settori che costituiscono la base del buon vivere civile. I servizi essenziali devono funzionare, ma soprattutto il modo di ragionare e di progettare la città deve innovarsi adeguandosi ai tempi e alla competitività che oggi vengono predicati in tutta la Nazione.

sabato 25 maggio 2013

TASSI DI DISOCCUPAZIONE AL MONDO (DATI AGGIORNATI)




La mappa rappresenta la densità attuale di disoccupazione dell’intero pianeta. La Svizzera è il Paese che registra il più basso tasso di disoccupazione al mondo: 3,1% nel mese di aprile. Salta all’occhio come anche il continente australiano registri una bassa percentuale di disoccupati. In aprile il tasso di disoccupazione è passato dal 5,6 al 5,5%. Un dato migliore rispetto alle attese, dal momento in cui gli analisti stimavano un risultato invariato mensile. Il numero delle persone che hanno ottenuto un nuovo lavoro è salito a quota 50.100 unità. Gli impiegati a tempo pieno hanno registrato un incremento di 34.500 unità. Il Brasile, che nel dicembre 2012 faceva segnare il dato più basso negli ultimi dieci anni, con un tasso di disoccupazione pari al 4,8% ha registrato una flessione perdendo un punto percentuale passando all’attuale 5,8% (dato aggiornato ad aprile 2013); segno che il paese sudamericano sta attraversando un periodo di difficoltà. Facendo degli studi ho notato come i paesi a bassa densità di popolazione siano chiaramente favoriti, eccezion fatta per la Svizzera che registra una densità di popolazione pari a 192,01 (dato fermo al 2012), in continua e costante ascesa. Nonostante tutto abbassa o mantiene il tasso di disoccupazione.  La cosa alquanto strana sta nel fatto che in Germania (tasso di disoccupazione pari al 6,8% ‘marzo 2013’) la densità di popolazione per chilometro quadrato abbia registrato una parabola discendente. La flessione parte dal 2006 (230,86 ab km/q) per arrivare a quota 227,73 abitanti per km quadrato del 2012. L’Italia, al contrario della Germania che ha segnato un vero e proprio tracollo, nel 2010 ha registrato una netta impennata della densità di popolazione raggiungendo quota 203,3 (dato registrato al 2012). Esistono delle analogie tra tutti questi dati? Per un verso non sembrano esservene, eccezion fatta per Germania e Italia. Sarà un caso? Una cosa è certa, il Paese da cui trarre spunto è la Svizzera che, come densità risulta essere molto vicina a quella dell’Italia. 

venerdì 24 maggio 2013

I TAGLI


Tanti i propositi del governo: Imu, Cassa Integrazione, occupazione per i giovani e giovanissimi, il mantenimento dell’IVA al 21%. Tutte operazioni che richiedono lo stanziamento di denaro pubblico. Ad impinguare le casse dello Stato i cosiddetti tagli alla spesa. Regna, però, la confusione. Dove prendere tanti soldi? Occorrono circa 11 miliardi di euro per poter attuare quanto preventivato. La soluzione? Tagli orizzontali sugli sprechi. E di denaro pubblico sprecato che si potrebbe recuperare ve n’è tanto:  dalle auto blu, agli stipendi dei parlamentari, alle Province, alle liquidazioni, alle pensioni d’oro, ai sostanziosi stipendi corrisposti ai Manager o a tutte quelle spese di ordinaria amministrazione. Tagli da operare a tutte quelle regioni che non siano virtuose e che abbiano una sanità malata (vedi le pensioni ai falsi invalidi). Sembra facile vero? Il problema sta nel fatto che alcuni di questi tagli si riflettono sui cittadini, i quali, non godrebbero più di alcuni servizi fondamentali. Penso, per esempio, ai portatori di handicap o all’assistenza agli anziani. Attenzione, quindi, a tagliare tutto ciò che rappresenti un diritto sacrosanto dei cittadini, quali: i trasporti, l’istruzione e la sanità. Anche perché, come al solito tutto ciò andrebbe a riflettersi sulle casse dei comuni, avvinghiati tra Patto di Stabilità e tagli nazionali.  Molte amministrazioni comunali sono già in dissesto finanziario, altre ne sono vicine. 

giovedì 23 maggio 2013

MANAGER E FIAT





Il lavoro consente il rispetto della dignità personale. Sentirsi utili alla società collaborando alla crescita è, aldilà dell’aspetto economico, qualcosa che riempie di orgoglio l’individuo. Oggi, si riesce ad individuare una nicchia “felice” nell'ambito del lavoro manageriale. Compensi per migliaia di euro, nonostante l’esito aziendale preventivato non si sia realizzato. Grosse responsabilità ricadono nei manager che non riescono a sviluppare un progetto redditizio con conseguente incremento dei dividenti. Si assiste allora ad una netta sperequazione tra lavoratori dipendenti e dirigenti. Un rapporto che, anticamente, era di 1 a 10, contro l’1 a 1000 degli ultimi anni. Occorre riequilibrare una situazione divenuta insostenibile. E’ uno schiaffo alla gente che lavora operosamente non avendo in cambio ciò che spetta loro. Appare evidente come una differenza così ampia sia ingiustificata, considerando anche che le grosse società tendono a smobilitarsi oppure a decentrare le proprie attività all’Estero. Ciò avviene principalmente per due ragioni: costo della manodopera più basso, ridotta imposizione fiscale. E’ freschissima la notizia riguardante la FIAT, la quale smobilita dall’Italia per trasferirsi a Londra. Un’operazione che sottrae alle casse dello Stato più di 500 milioni di introiti annui; proventi delle tasse. Lo Stato Inglese registra, invece, una pressione fiscale di gran lunga inferiore all’Italia, con la prospettiva di abbassare ulteriormente le tasse nei prossimi due o tre anni. Tutto ciò fa gola alla FIAT che ha deciso di sfruttare tale importante opportunità. Però l’azienda torinese ha usufruito per decenni dei finanziamenti pubblici chiudendo stabilimenti oppure ridimensionandoli notevolmente. Quindi, la più grande industria italiana, adesso ringrazia e saluta. Se lo Stato si fosse imposto in modo chiaro e categorico, così come ha fatto Obama negli USA, tutto ciò non si sarebbe verificato. Il presidente americano è stato chiaro: “se decentri l’industria portandola all’Estero io ti sottraggo i finanziamenti pubblici. Se licenzi operai americani ti sottraggo i finanziamenti pubblici.” Ha assunto, cioè, una chiara posizione. Stessa cosa dicasi nei confronti delle banche, alle quali ha “intimato” altre condizioni, a mio avviso, pienamente condivisibili. Sicuramente la forza di Obama è ben più importante rispetto ad  una repubblica di tipo non presidenziale come quella italiana, ma ciò non toglie che si poteva e si doveva agire in modo ben diverso rispetto a come si è fatto fino ad oggi. Andavano dettate condizioni ineluttabili a Marchionne in modo da farlo ragionare nell’interesse del Paese, e quindi degli operai, e non delle proprie tasche.

QUANDO IL LAVORO NON C'E'



Ogni giorno mi cimento a guardare le novità di cronaca. E quando leggo di persone che, purtroppo si tolgono la vita, rimango sgomento; rimarrei sorpreso qualora non leggessi di queste notizie. Mi chiedo per quanto tempo ancora dovrò leggere di giovani e anziani che si tolgono la vita, senza però darmi una risposta. La crisi non bada a età, ma fa coesione ed è solidale con tutti coloro i quali attraversano una profonda crisi economica e morale, senza discriminazione di sorta. In questo panorama, estremamente tragico, occorrere porre rimedio. Una ferita che sanguina senza l’opposizione di alcun tampone è destinata a non guarire mai. Il lavoro non c’è, e questo senza tema di smentita è un dato di fatto. E allora che facciamo? Ci rassegniamo? La risposta è no. Se l’occupazione manca occorre creala. Internet, ad esempio, rappresenta un calderone da cui poter attingere tutta una serie di informazioni utili affinché si possa realizzare un progetto, piccolo o grande che sia. Basti guardare a ciò che avviene negli USA e negli stati emergenti. Idee che si mettono in moto attraverso: blog, canali di informazione, e colossi quali You Tube. Quest’ultimo ha dato l’opportunità a molti giovani di crearsi uno spazio ben definito, consentendo loro di applicare le proprie passioni e conoscenze al servizio degli internauti. Per loro, maggiore visibilità, maggiori introiti. Alcuni di loro hanno racimolato somme consistenti nel giro di pochi mesi. Con internet, in effetti, sono nate nuove professioni e altre ne nasceranno. Il fattore positivo da non sottovalutare, i bassi costi di gestione. Per cui, con poche decine di euro si possono sviluppare anche progetti importanti coinvolgendo il pubblico della rete. Nulla avviene per caso: impegno, abnegazione, pazienza e determinazione sono elementi fondamentali nella riuscita di un minimo di progettualità. Da evidenziare, inoltre, come sia stata abbattuta la barriera della lingua. Grazie a strumenti di traduzione, si può tranquillamente interagire nel mercato globale, accrescendo conoscenze personali, accentuando un dinamismo comunicativo, accelerando le possibilità e accorciando i tempi dell’interscambio culturale moderno. Si possono creare forum collaborativi, in cui mettere in campo la propria esperienza. Il piacere della sfida con se stessi e con gli altri non può rimanere sopito. La combattività è importante, così come la capacità di competizione del singolo. La grinta è l’arma migliore, così come la serietà che si applica nel compiere una serie di operazioni mirate nel tempo. E allora spazio alla fantasia, e in bocca al lupo. 

martedì 21 maggio 2013

IL GOVERNO: L'IMU E IL LAVORO



Da decine di giorni si sente parlare di provvedimenti governativi a favore del lavoro. La realtà dice che non è affatto così. Trovare i soldi per rifinanziare la Cassa Integrazione in deroga non equivale creare nuove opportunità. La questione è certamente di rilievo, ma il governo pensa a tappare le falle che nel corso del tempo si sono sempre più allargate. Centinaia di migliaia di cassaintegrati aspettano altre risposte. Attendono di poter riprendere il percorso interrotto per via della crisi. Ultimamente si discute su quali formule trovare per occupare almeno centomila ragazzi sotto i ventisei anni. Come si intende agire in tal senso, considerando che la mole di disoccupati si attesta intorno a tre milioni di unità e che gran parte di essa è costituita da giovanissimi? Occorrono provvedimenti seri. Risulta evidente come il governo venga polarizzato dagli interessi di uno schieramento politico, il PDL, tant’è che non fa che parlare di IMU. Personalmente, bene accolgo le proposte che riguardano la tassazione IMU rivolta alle prime abitazioni di lusso. Occorre, però,  fare un distinguo secondo parametri precisi. Ci sono immobili con determinate caratteristiche (pochi metri quadri, collocazione periferica, stabili fatiscenti, ecc...) e ve ne sono altri che si differenziano per: collocazione in centri storici, parecchi metri quadri, stabili moderni e/o ristrutturati, ecc…). Bisogna infine guardare oltre non limitandosi a detti parametri, ma unire agli stessi la condizione di tipo reddituale (singola e familiare), in modo da avere un quadro completo della situazione e poter stabilire se tassare o meno l’abitazione. Questi principi appaiono, a mio avviso equi. Per il lavoro il discorso appare decisamente diverso. Una numero crescente di concetti e considerazioni lo rendono sempre più complicato e complesso. Una serie di interessi di bottega, di pensieri astratti e astrusi  lo appesantiscono piuttosto che semplificarlo. Teorie di macroeconomia mastodontiche sono risultate fallimentari. Grandi economisti falliscono senza venire a capo del problema. Sfaterei la frase che dice: “più mercato più occupazione”. Inutile fare demagogia. Il problema non è il soddisfacimento del mercato interno (nonostante la globalizzazione introduca in Italia prodotti più economici), bensì quello di rendere competitivo l’export con l’utilizzo di menti e manodopera al fine di competere con l’intero Globo. Il tema lavoro andrebbe sciolto in una sintesi elementare e non estremamente intricata. Purtroppo, ad ostacolare l’obiettivo di snellimento, le leggi, che rappresentano delle vere e proprie maglie dove vengono imprigionate le idee di sviluppo e di crescita. La burocrazia va modellata e anche di parecchio, affinché si costruisca un apparato di norme che vada verso l’obiettivo delle assunzioni. Unico e solo obiettivo affinché l’Italia esca davvero dalle secche in cui è oggi, più di ieri, impelagata.

lunedì 20 maggio 2013

IL CONCETTO ETICO-MORALE ALLA BASE DELLA SOCIETA'


Ieri ho avuto modo di assistere ad un piccolo dibattito tra alcuni dei candidati a sindaco di Messina. A seguito di alcune domande ho avvertito un forte imbarazzo nel dare le risposte da parte degli intervenuti. Alla domanda: “cosa intenderà fare per risolvere il problema economico nel medio e lungo periodo?”, ho avvertito un certo imbarazzo da parte del singolo interlocutore, dato da continue esitazioni, e da uno stato di evidente insicurezza. Risposte aleatorie, vaghe, frammentarie. Molti professionisti della politica, burocrati e quant’altro snobbano il concetto etico, e a mio avviso sbagliano. Io alla domanda di cui sopra avrei risposto in tal modo: “dare una obiettivo dal punto di vista etico-morale”. In questa città non si è ancora compreso che una buona educazione data ai giovanissimi di oggi è fondamentale per costruire il futuro economico dei prossimi venti anni. Sostengo da moltissimo tempo come una buona istruzione (corredata da un modo di vivere civile e non irrequieto dal punto di vista comportamentale) sia alla base dell’economia di domani. A mio avviso la società del prossimo futuro, va quindi costruita sull’etica e spiego  il perché. Provate, per esempio, a immaginare la città, piuttosto che essere abitata da messinesi venisse popolata da tedeschi, quale sarebbe il risultato? Una città funzionale e vivibile, senza immondizia, ordinata e precisa, con la buona abitudine della raccolta differenziata. Sarebbe cioè una città molto più appetibile che adesso; su questo non  nutro dubbio alcuno (perdonatemi la presunzione). Certo, è verissimo, ci sono le tradizioni culturali che un determinato territorio assume, sin dalle proprie origini, quale modello e stile di vita, i modi di pensare. Tutto va bene, ma quanto sopra detto, non giustifica la mancata ricercatezza del desiderio di evolversi, di migliorarsi mantenendo i capisaldi della propria storia. Soprattutto, nessuno vieta di amare e rispettare la propria città, come fosse il proprio salotto. Le cose non vanno affatto in contraddizione. Se un bambino viene educato alle buone maniere, sin dai primi anni della sua infanzia, avendo precisi stereotipi, coerenti con il modo di agire, probabilmente assumerebbe un atteggiamento di rispetto verso i propri simili e verso l’ambiente che lo circonda. Insisto su questo punto, perché ritengo che una città si debba presentare in un certo modo per poter attrarre investimenti da parte dei privati. Le regole di un territorio, equivalgono a quelle di una persona che per poter fare marketing veste bene, parla in un certo modo ed esprime dei contenuti ben precisi. E secondo voi una città che non esprima civiltà, rispetto per l’ambiente, cultura per la legalità, può essere appetibile all’esterno? Bene, avete dato una risposta a voi stessi.

sabato 18 maggio 2013

FABBISOGNO E IMPIEGO DELLE RISORSE


L’occupazione si divide in due tipologie: quella che serve a soddisfare le necessità di beni e servizi, e quella che crea nuove necessità di beni e servizi. Analizzando l’attuale situazione ci si rende conto come la necessità di beni sia notevolmente calata, mentre al contrario, la necessità di servizi si sia notevolmente impennata. Di certo il fabbisogno di: sanità e trasporti diventa sempre più crescente. Ciò è dovuto a fattori quali l’invecchiamento e la freneticità della vita quotidiana. Allora oggi parlare di consumi puntando ad una maggiore produzione sarebbe consumare inutili risorse, andando ad intasare un mercato che non ha richieste. Se per le materie prime e raffinate il discorso è diverso, nonostante il fabbisogno petrolifero sia calato negli ultimi anni, risulta chiaro che occorra indirizzare l’attività lavorativa o verso la creazione di risorse alternative (e quindi la ricerca) per abbassare le importazioni o verso le esportazioni guardando al fabbisogno globale, e quindi alla competitività. Altra strada il soddisfacimento dei servizi interni, che vuol dire anche manutenzione delle strutture portanti del Paese. Il fabbisogno collettivo è dato principalmente dal bisogno di istruirsi, nutrirsi, vestirsi, dal tempo libero, a quello di curarsi, di lavorare, di avere un mezzo di locomozione, ma soprattutto di avere una propria abitazione. Oramai occorre ragionare in termini di priorità. Ebbene quelle elencate prima lo sono tutte. Tutto il resto viene messo in secondo piano. Come potete vedere il bisogno del singolo cittadino è dato in prevalenza dai servizi: istruzione, sanità, mezzo di locomozione, tempo libero. Servizi fondamentali che in Italia sono del tutto carenti. E se ad essi aggiungiamo la burocrazia il quadro è completo. Con tutto ciò voglio dire che l’occupazione di molte persone dovrebbe essere rivolta a queste tipologie di fabbisogno. In questo quadro anche la manutenzione necessita di grande manodopera. Quando si dice che non c’è lavoro, spesso non si guarda a dette necessità. Qualcuno dirà che essi sono di pertinenza del servizio pubblico. Oltre tre milioni di dipendenti pubblici che non riescono però a realizzare ciò che gli italiani desiderano: servizi efficienti. Allora le strade sono due: o aumenta il numero di dipendenti pubblici, oppure li si organizza in modo diverso. Per quanto concerne il bisogno del singolo cittadino relativo ai beni ritengo sia praticamente nullo, proprio perché le industrie sono in sovrapproduzione, ed è per questo che licenziano. In questo caso allora bisogna guardare all’Estero. Ecco perché il concetto di competitività si sposa a quello dell’innovazione e della ricerca, e quindi, all’istruzione. In poche parole lo Stato dovrebbe garantire i servizi ai cittadini, lasciando alle imprese la possibilità di crescere e di competere nel mondo globale favorendole fortemente. Unioncamere di recente ha denunciato un forte calo di domanda interna, ciò a riprova di quanto sostenuto sopra. Si è vero che questo avviene anche per la mancanza di liquidità da parte dei cittadini, ma non è detto che in caso contrario sarebbe avvenuto lo stesso, eccezion fatta per il mercato mobiliare (in fortissimo calo).


venerdì 17 maggio 2013

LA SCUOLA E IL LAVORO

La scuola dovrebbe rappresentare il trampolino di lancio per il lavoro; lo strumento mediante il quale mettere in pratica le proprie conoscenze. Proprio oggi riflettevo su come uno Stato riesca a tagliare finanziamenti ad un apparato fondamentale per la crescita, non solo culturale (e quindi astratta), ma pratica (il lavoro). Ci sono tre fondamentali finalità per cui studiare e sono, a mio avviso le seguenti: cultura personale, società, lavoro. Arricchire il proprio bagaglio culturale è importante, così come è importante stare in mezzo ad una società che quotidianamente scambia idee e pensieri. Ebbene l’istruzione serve, proprio a materializzare i propri pensieri distribuendoli alla grande massa, così da scambiare reciproche informazioni con le persone al fine di nutrire il proprio sapere. Quindi, le prime due finalità sono strettamente correlate, per cui indispensabili. Sono nel contempo flessibili e, quindi, modificabili a proprio piacimento a differenza del lavoro. Si, perché la scuola serve anche a fornire l’alunno di tutte quelle informazioni che servono per sviluppare al meglio la futura attività. Invece si assiste ad una scuola che fornisce nozioni teoriche e poco pratiche. Indirizzi scolastici rigidi che oramai risultano desueti, e quindi obsoleti o ancora meglio inutili. A cosa serve studiare un indirizzo che concretamente non viene richiesto nell’ambito lavorativo? A cosa serve avere migliaia di avvocati che rimangono inoccupati? E allora? Esiste una risposta. L’idea potrebbe essere quella che preveda l’accesso alla scuola media secondaria ponendo l’alunno davanti ad una scelta che venga indirizzata dal fabbisogno, mediante proiezioni a 5 anni, di quel momento in Italia ed in Europa. Per fare un esempio. In un dato momento si prevede la necessità di ragionieri pari a X, così come di geometri pari a Y e via via dicendo. Questo permetterebbe di tracciare un obiettivo lavoro che possa avere un minimo di possibilità future. Risulta chiaro che si tratta di un’operazione complicata e non infallibile, ma potrebbe dare un’idea di praticità all’alunno. Basterebbe indirizzare degli esperti verso questa tipologia di studi. La struttura scolastica attuale è davvero pessima. Poca pratica, farcita da tanta teoria, non serve a formare un bravo dipendente oppure un bravo operaio. Occorre riformare seriamente la scuola adeguandola agli standard europei di eccellenza. Le Università italiane non rientrano neppure nei primi trenta posti delle graduatorie di qualità internazionali e questo non può essere ritenuto accettabile da un Paese che si fa scudo del famoso “made in Italy”. Eccellenza nella fantasia e nella creatività innata da parte degli italiani, ma poca fantasia e praticità da parte di chi gli italiani governa. 

giovedì 16 maggio 2013

LA CRISI E IL PIL


Il Pil, dato dall’insieme di beni e servizi prodotto da un Paese in un determinato periodo rappresenta lo stato di salute di un territorio. Economisti qualificati sostengono che il lavoro non sia in stretta correlazione con la variazione periodica dello stesso. Cioè, dichiarano, al contrario, che se il PIL cresce aumenta la disoccupazione e viceversa. Tale affermazione può essere opinabile, anche se esistono tratti di verità. Negli anni ottanta l’Italia era in buona salute, ancora prima negli anni settanta. Il benessere si tastava con mano, e la disoccupazione si attestava su valori accettabili, ovvero tra il 6-7%. In tale periodo la forbice disoccupazione-PIL non era ampia. Oggi assistiamo ad una costante decrescita del PIL e ad un aumento costante della disoccupazione. Negli ultimi cinque anni la disoccupazione è quasi raddoppiata, passando dal 7 al 12,5% (dati riferiti al mese di marzo 2013). Gli ultimi dati ufficiali parlano di una decrescita del PIL pari allo 0,5%, con una proiezione annua pari al 2,3% di PIL negativo previsto per l’anno 2013. Valori nettamente contrastanti con le previsioni degli economisti più accreditati. Da questo quadro si intuisce come l’Italia, che non registra una crescita da 7 mesi consecutivi, sia sull’orlo del baratro. I consumi si sono ridotti drasticamente, così come le esportazioni che, solo negli ultimi mesi, registrano un minimo di ripresa. L’uso del petrolio è diminuito drasticamente, così come il comparto delle telecomunicazioni che registra una flessione significativa soprattutto nella vendita dei cellulari. Le proiezioni sul 2014, periodo in cui si prevede una ripresa, a seguito degli ultimi dati si mettono, quindi, in discussione. La flessione sul PIL si registra anche in Germania (quinto Paese al mondo per volume di PIL), la quale segna il passo con una crescita, nel primo trimestre 2013, pari soltanto allo 0,1%. Ciò comporta, da parte delle Merkel, una rivisitazione delle strategie di politica economica internazionale. La politica del rigore non paga più. La Germania, vive anche di esportazioni e non credo sia suo interesse non trovare più Paesi che acquistino i prodotti tedeschi. L’effetto sarebbe devastante. La produzione industriale calerebbe drasticamente, oppure l’invenduto costringerebbe le industrie a tagliare sul personale. A mio avviso, quindi, per ridare slancio alle economie europee, occorrerebbe non scendere a patti con l’apparato finanziario, che detta le linee guida, bensì sarebbe necessario creare un nuovo fabbisogno guardando all’economia reale. Per quanto concerne il lavoro, esso andrebbe localizzato ed isolato dal potere centrale. Esso dovrebbe essere di pertinenza esclusiva dei singoli comuni.


mercoledì 15 maggio 2013

PROPOSTA DI OCCUPAZIONE (LINEE GUIDA)


La disoccupazione a  Messina (e non solo) è arrivata oramai a livelli esasperati. La proposta di un reddito di cittadinanza potrebbe, in parte, alleviare il presente di molti giovani che non trovano alternativa alcuna allo status di cui sono vittima. Una proposta che potrebbe ridare nuova linfa, quella di coinvolgere i ragazzi nell’assolvimento di un determinato compito  da predeterminare a propria scelta sulla scorta di indicazioni che il Comune stesso si incaricherebbe di proporre. Per esempio: l’assolvimento di compiti di protezione civile, la pulizia delle spiagge, la pulizia dei binari del tram e zone attigue; oppure la cancellazione di murales che storpiano palazzi storici, o lo sfoltimento dell’erba cresciuta in eccesso (quindi compiti di giardinaggio). Da premettere che il tipo di servizio, quanto le zone di pertinenza non andrebbero in “conflitto” con i compiti di ordinaria amministrazione, e quindi, non intaccherebbero il lavoro dei dipendenti pubblici addetti a tali operazioni. Si tratta quindi di compiti supplementari di natura straordinaria. Dal punto di vista pratico come funzionerebbe? Il Comune farebbe riferimento alle liste aggiornate provenienti dall’Ufficio Provinciale del Lavoro e della Massima Occupazione. Detto ufficio provvederebbe ad organizzare degli incontri durante i quali distribuirebbe appositi moduli ai disoccupati che andrebbero a selezionare le opzioni per cui si rendono disponibili a lavorare (tra quelle precedentemente indicate ad esempio). I disoccupati andrebbero a scegliere ora e durata del servizio che si impegnano a prestare. Alla fine del mese verrebbe redatta una sorta di classifica a punti basata sul numero di ore effettivamente svolte attribuendo un punteggio di merito; ciò affinché si possa dare una ricompensa in denaro da distribuire in modo inversamente proporzionale, ovvero maggiore punteggio, maggiore compenso. Nessuno comunque verrebbe estromesso. Un sistema totalmente meritocratico basato anche sulla difficoltà del lavoro svolto che costituirebbe un’ulteriore parametro per l’attribuzione del punteggio finale realizzato. Tale somma andrebbe comunque sommata al reddito di cittadinanza, costituendo uno stipendio vero e proprio. Il Comune, per esempio, potrebbe dirottare delle somme racimolate mediante accordi con privati (direttamente interessati dai lavori dei disoccupati). Naturalmente verrebbero costituiti controlli a campione, periodici, imprevisti ed imprevedibili, anche per scoraggiare tutti coloro i quali vorrebbero fare i furbetti. E’ chiaro che la proposta va corredata e dettagliata, ma ritengo che molti prenderebbero con entusiasmo una proposta del genere. Si sentirebbero utili alla società, a se stessi e alla famiglia, ma soprattutto si toglierebbero dallo stato di disoccupazione e/o inoccupazione.

martedì 14 maggio 2013

ITALIA FONDATA...

Questo blog nasce dall'esigenza di rappresentare le numerose ferite di coloro i quali hanno assistito impotenti (del resto non avevano alternative) alla perdita del posto di lavoro. La società attuale si dichiara inorridita, sgomenta, terrorizzata, alterata davanti ai numerosi gesti di suicidio. Da premettere che non concordo con coloro i quali compiono l'ultimo gesto togliendosi la vita. Sono dell'avviso che occorra lottare per avere il rispetto di un diritto sancito dall'art. 1 della Costituzione. Articolo talmente noto ed "obsoleto" che sembra quasi non esistere più. In effetti poco, molto poco, anzi direi nulla è stato fatto per la tutela di un "rapporto" dignità-essere umano. E allora tutto ciò avviene nel rispetto della Costituzione? Assolutamente no. La tanto amata e decantata  "Legge Prima" viene vituperata sin dalle sue fondamenta. L'impalcatura scricchiola, perché lavorare oramai è diventato un lusso; figuriamoci svolgere un'attività lavorativa di proprio gradimento. Politici che hanno anche il "coraggio" di assistere ai funerali di chi ha cancellato la propria sofferenza in nome del lavoro, di chi ha urlato in silenzio per il rispetto della propria dignità. Ebbene questi politici blaterano utilizzando termini astratti; faremo, vedremo, stiamo pensando. E mentre loro pensano, in media una persona al giorno dice addio al mondo; lo fa in punta di piedi delusa dal sistema di cose. Una persona realmente dispiaciuta e in una posizione privilegiata, ma soprattutto di potere davanti ad una strage continuata senza fine  agirebbe gridando: "adesso basta!" Un basta che sia però formalizzato dai fatti e non dalle chiacchiere da bar. Provvedimenti seri! Questo chiedono gli oltre tre milioni di disoccupati. Tra loro anche gli inoccupati, persone cioè che il lavoro non l'hanno mai visto, neppure al binocolo. Ma vado oltre. La soluzione ai mali? Finanziamenti, investimenti, organizzazione delle risorse, riorganizzazione di quelle esistenti. Lo Stato è in dovere di dare una risposta concreta, di dare lavoro, di creare il bisogno di forza lavoro, prima che l'articolo n. 1 della Costituzione si trasformi nel seguente: "L'Italia è una Repubblica fondata sul non lavoro e sulla disoccupazione cronica".



sabato 4 maggio 2013

Comunicatori alla ricerca di lavoro


Il 20% dei romani sogna l’ufficio stampa, il 17% dei milanesi l’agenzia di pubblicità

Specializzarsi nel settore della comunicazione significa poter lavorare in ambiti differenti: si va dal lavoro nelle agenzie di pubblicità, ai media, passando per il web e le case editrici. Ma qual è il settore in cui c’è maggiore richiesta di lavoro da parte dei comunicatori? Secondo un’indagine di LavoroComunicazione.it, portale specializzato nella ricerca di lavoro, la maggior parte delle ricerche avviene in ambito radiofonico e televisivo.
 Ogni mese sul web la parola chiave “lavoro radio” viene cercata ben 6.000 volte, seguita da “lavoro tv” che conta 3.600 ricerche mensili. Buona richiesta anche per un impiego in casa editrice o negli uffici stampa che contano rispettivamente 2900 ricerche mensili. A leggera distanza troviamo “lavoro redazione” che conta 2400 ricerche mensili. Più di nicchia invece il lavoro nelle agenzie pubblicitarie ricercato 480 volte al mese e quello nelle agenzie web (390 ricerche).
La città in cui si sgomita di più per cercare lavoro nel campo della comunicazione è la Capitale: ogni mese “lavoro comunicazione Roma” viene digitato 1600 volte sui motori di ricerca. Mentre l’altra grande metropoli, Milano, registra 1000 ricerche.
A Roma il 20% delle domande è nel settore degli uffici stampa, il 17% nelle agenzie pubblicitarie, il 16% in tv, il 13% in casa editrice, il 12,7% in radio, il 12,1% in redazione e il 9,2% nelle web agency. Nel capoluogo lombardo, invece, il 20% cerca lavoro negli uffici stampa, il 17% nelle agenzie pubblicitarie, il 14% in radio, il 14% nelle case editrici, il 13% in tv, il 12,5% in redazione  e il 10,5% nelle web agency.
Ma quali sono le aziende più cliccate, in cui i comunicatori sperano di lavorare? Secondo lo staff di LavoroComunicazione.it i milanesi aspirano ad un posto a Radio Deejay oppure Rtl 102.5, mentre a Roma si preferisce Radio Dimensione Suono o le case editrici Einaudi e Treccani.
“Molti giovani laureati nel settore della comunicazione entrano nel mondo del lavoro con uno stage. Sul web, negli ultimi anni, hanno subito una vera e propria impennata di ricerche gli stage in comunicazione e in marketing” commenta lo staff di LavoroComunicazione.it
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