domenica 12 febbraio 2017

LA DISOCCUPAZIONE NEI PAESI EMERGENTI


Il tasso di disoccupazione per le economie in via di sviluppo è sceso dal 7,1 per cento nel 2014 al 6,7 per cento nel 2016. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, questi miglioramenti non sono stati sufficienti ad eliminare il divario occupazionale emerso a seguito della crisi finanziaria globale.
Inoltre, le prospettive di occupazione sono state indebolite nei paesi emergenti, quali il Brasile, la Cina ed i paesi produttori di petrolio.
L’ambiente economico instabile associato a flussi di capitali volatili, i mercati finanziari disfunzionali e la carenza di domanda globale continuano a colpire le imprese e a scoraggiare gli investimenti nonché la creazione di nuovi posti di lavoro”. Ad affermarlo Raymond Torres, Direttore del Dipartimento di Ricerca ILO.
Inoltre, i responsabili politici hanno bisogno di concentrarsi maggiormente sul rafforzamento delle politiche per l’occupazione e la lotta contro le disuguaglianze eccessive. Ci sono molte prove che il mercato del lavoro ben progettato e le politiche sociali sono indispensabili per favorire la crescita economica e la crisi di posti di lavoro, e dopo quasi dieci anni dall'inizio della crisi globale, è urgente un rafforzamento di tale appoggio politico”, conclude Torres.
Gli autori della Weso documentano anche il fatto che la qualità del lavoro resta una sfida importante. Mentre vi è stata una diminuzione dei tassi di povertà, il tasso di declino del numero di lavoratori poveri in economie di sviluppo ha rallentato e l’occupazione vulnerabile rappresenta ancora oggi oltre il 46 per cento dell’occupazione totale a livello globale, che colpisce quasi 1,5 miliardi di persone.
Essa è particolarmente elevata nei paesi emergenti ed in quelli in via di sviluppo, colpendo tra la metà e i tre quarti della popolazione occupata in questi paesi, rispettivamente , con picchi in Asia meridionale del 74% e l’Africa sub sahariana con il 70%.
Nel frattempo, il rapporto mostra che l’occupazione informale, supera il 50% tra i paesi in via di sviluppo e quelli emergenti. In un terzo di questi paesi colpisce oltre il 65% dei lavoratori.
La mancanza di posti di lavoro dignitosi porta le persone a rivolgersi al lavoro di tipo interinale, che in genere è caratterizzato da una bassa produttività, salari bassi e nessuna protezione sociale. Tutto ciò deve cambiare. Occorre una risposta urgente pronta a sfidare con forza la necessità di posti di lavoro. Un’agenda per lo sviluppo che sia sostenibile può rappresentare la chiave di successo per le Nazioni Unite”, conclude il Direttore Generale dell’ILO Guy Ryder.


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